Come a livello legislativo, semplificando al massimo la definizione, il fermo biologico è un periodo di tempo nel quale è proibita la pesca in determinate aree.
Si tratta di una decisione che è in vigore da ormai 30 anni e che l’Unione Europea ha fortemente voluto per tutelare il patrimonio ittico dei mari, favorendo la riproduzione naturale delle specie più pescate.
Bloccare la pesca per un certo numero di giorni consecutivi, infatti, significa dare tempo ai pesci di portare a termine il loro ciclo riproduttivo senza pericoli, salvaguardando, così, la fauna dei mari più battuti dai pescherecci.
Il punto della situazione
Certo, non manca chi ne discuta l’efficacia, sottolineando in particolare come proibendo la pesca per 43 giorni consecutivi dal 25 luglio al 05 settembre su tutto il tratto di mare Adriatico che va da Trieste a Rimini (queste le date stabilite per il 2016), significa non poter soddisfare la richiesta di presce fresco locale proprio nel periodo di maggior affluenza turistica nella zona.
A questo proposito, però, le autorità hanno cercato di distribuire le date del fermo a seconda dei tratti di mare (da Pesaro a Bari l’interruzione è dal 16 agosto al 26 settembre; da Brindisi a Imperia dal 17 settembre al 16 ottobre), proprio per alternare lo stop nei vari territori e cercare di rispettare le tempistiche di riproduzione delle diverse specie.
La domanda che potrebbe sorgere, a questo punto, nella testa di consumatori è: dunque, niente pesce fresco in riva al mare?
Assolutamente no, proprio l’alternanza delle date del fermo biologico a seconda delle zone di cui si è detto, infatti, permette alle grandi aziende del comparto ittico di essere sempre attive, spostandosi nei mari in cui la pesca è consentita in quel determinato periodo.
Per avere la sicurezza della freschezza del pesce, dunque, basta stare attenti all’etichetta e tenere conto della provenienza del pesce così come del calendario del fermo biologico stabilito dalle autorità.